Il Comitato Pari Opportunità – CPO dell’ODCEC di Padova informa che con la Direttiva (UE) 2023/970 il Parlamento Europeo e il Consiglio dell’Unione Europea hanno stabilito l’applicazione del principio della parità di retribuzione tra uomini e donne per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore, anche attraverso la trasparenza retributiva. Gli stati membri sono chiamati a conformare la legislazione domestica entro il 7 giugno 2026. L’Italia dovrà integrare il decreto Trasparenza con nuovi e analitici obblighi di comunicazione riguardo al divario retributivo, raccordandoli con gli obblighi di trasmissione del Rapporto biennale sulla situazione del personale, previsto dal Codice delle pari opportunità tra uomo e donna, e introdurre la valutazione congiunta delle retribuzioni. La parità della retribuzione si fonda su due cardini: la nozione di RETRIBUZIONE, che comprende sia lo stipendio normale di base o minimo, ma anche tutti gli altri vantaggi pagati direttamente o indirettamente, in contanti o in natura, dal datore di lavoro al lavoratore (componenti complementari o variabili); la COMPARAZIONE del VALORE dei LAVORI, definita sulla base di criteri oggettivi e neutri, sotto il profilo del genere (le competenze, l’impegno, la responsabilità, le condizioni di lavoro “nonché qualsiasi altro fattore pertinente al lavoro o alla posizione specifici”). Quest’ultimo aspetto è di particolare complessità nella valutazione dell’equità delle politiche retributive, soprattutto nella comparazione del valore tra diverse mansioni: il ricorso al livello d’inquadramento attribuito al lavoratore e alla lavoratrice offre un primo utile elemento per orientare la verifica, ma la valutazione non può prescindere da elementi concreti e attuali, sia di natura qualitativa che quantitativa.
Nel nostro ordinamento, in applicazione dell’art. 46-bis del Codice delle pari opportunità, il D.M. 29 aprile 2022 ha individuato nella prassi di riferimento UNI/PdR 125:2022 i parametri minimi per il conseguimento della Certificazione della Parità di genere, cruciale anche sul piano della competitività dell’impresa, tra i quali l’area denominata “Equità remunerativa per genere”.
Un ingiustificato divario retributivo di genere determinerebbe già oggi la perdita della Certificazione e dei vantaggi connessi, oltre ad essere in violazione del divieto di discriminazione retributiva, punibile con ammenda da euro 250 a euro 1.500, ex art. 41, co. 2 del Codice delle pari opportunità.
La Direttiva UE impone agli stati membri un adeguato apparato sanzionatorio, proporzionato e dissuasivo, che colpisca i datori di lavoro che perpetrano trattamenti discriminatori o che pongano in essere comportamenti ritorsivi nei confronti di lavoratori e lavoratrici che rivendichino la parità di trattamento retributiva; oltre a misure restitutorie e riparatorie da applicare nei confronti dei lavoratori e delle lavoratrici che abbiano subito un trattamento discriminatorio, capaci di risarcire il danno patrimoniale e non patrimoniale subito, compreso quello da perdita di chance, senza che possa essere fissato un massimale.